non tutto quel che brulica è ributtante

Il divertentissimo elenco Le nuove frontiere del social networking, che è tumbalzato giorni fa tra noi millemila cazzari, ci fa ridere amaro, però si limita a stigmatizzare il going social compulsivo e mitizzato della parte avvisata, più che abitata, della Rete. Nei quartieri popolari, non che il network né il bloggare, credo facciano comunità cose più de panza, tipo il goliardico (con poco stile) Totomorti o l’eloquente (quanto a termometro della disgregazione sociale) Ti tradisco (per cui, inetto il codice penale, m’accontenterei della scomunica).

Per questo tipo d’idiozia in trono non c’è filtro che tenga (a dimostrare come l’improbabile eppur lodevole tentativo di sviluppare un filtro anti stupidità per i commenti, sulla falsariga degli antispam, sia velleitario ed elitista, quindi assolutamente tanto apprezzabile quanto destinato alla rovina entropica).

In questi giorni sto riflettendo su quale possa essere un modo intrinsecamente blogger d’essere responsabile socialmente (potrei occuparmi di calcio come tutti, ci ho provato, scusatemi: sono un inetto) ma per ora, come accennavo a Giordano, sto ruminando, quindi vi scampo. Piuttosto vi propongo, come antidoto ipnotico alla stupidità imperante, un passatempo retaiolo ozioso ma intelligente, solipsistico ma profondamente radicato nel concetto di partecipazione: gli aggiornamenti di Wikipedia in tempo quasi reale.

Inutile quanto affascinante passatempo mille volte superiore a quasi tutta la tv, ci si possono trascorrere ore liete, scommettendo su ogni quanto (poco) ci si allontana dagli Stati Uniti, strabiliando per la vastità (spesso futilità) degli argomenti. Sapendo intimamente che tutto quel brulichio di dita su tastiere rappresenta il seme che dovrebbe, nel caso l’umanità abbia un futuro, ri-unire per sempre gratuità e conoscenza, dentro di noi prima che nel recinto che abbiamo deciso di frequentare.

sei pronto? quanto sei pronto?

Fa piacere scoprire che esiste il software geospaziale italiano Floss (il che?) poiché è bene che ci siano gruppi di ricerca relativamente disinteressati al puro tornaconto finanziario intorno alla geolocalizzazione, al “dove sei”, non a caso formula che, negli esordi telefoninici, ha soppiantato il “pronto” ed è a tutti gli effetti la nuova tecno-hubris. Non starò qui – troppo ignorante – a dilungarmi sulle differenze tecniche tra geolocalizzazione mediante Gps (da accuratissima ad implacabile) e quella che si ottiene dal ponte radio del cellulare, decisamente inaffidabile se vuoi tirare un missile. Ciò che m’interessa è infatti il risvolto sociale della faccenda.

Nella canea che è attratta da questa nuova lusinga, come in tutti i miti di frontiera, c’è chi mira a promesse di futuro potenzialmente utili a tutti e chi alla sola propria pecunia. Così il cellulare, che potrebbe offrire un’autentica reciprocità nelle transazioni economiche biiettive (benché sia spinosa la questione sui soggetti che dovrebbero controllarne il flusso – banche o telco? – mentre tutto diventa più praticabile se il flusso non è reciproco) diverrà piuttosto il piccolo cugino che ci metterà a nudo col marketing di prossimità. Infine, nella canea di cui sopra, schiumano avventurieri diversamente scrupolosi che sperimentano inquietudini orwelliane per allettare consumatori diversamente consapevoli con nuove killer app che prometteranno, ad esempio, di scovare mariti fedifraghi (con conseguente presumibilissimo balletto tra giudice che darà ragione alla moglie e Tar del Lazio che ribalterà la sentenza).

Insomma, seppure l’uso orizzontale del telefonino ci è precluso dallo sviluppo verticale delle nostre società, semmai il marketing di prossimità possa avere, insieme a quelli inquietanti, dei lati positivi (se lo uso, sarò il tipo cui interessa sapere quale brano posso scaricare in offerta se passo davanti a Starbuck: vorrà dire che piglierò qualche frappuccino di troppo); se fin qui stiamo nella norma, la localizzazione perenne, utile per scovare quello sperduto casale senese, rintracciare auto rubate o controllare detenuti in semilibertà, diverrà l’ennesimo anello di una catena che ci avvince con la lusinga di renderci più liberi. Allora tornerà buono il caro vecchio “pronto”: so già dove sei, sei pronto ad accogliermi nei cazzi tuoi? (e cara grazia se te lo chiedo).