la prevalenza dell’idiota

Non faccio in tempo a lanciarmi nella velleitaria perorazione sulla civiltà della discussione in rete, inserita nel post di ieri, che mi capita di leggere una notizia triste: dopo il fallito tentativo del Los Angeles Times con l’editoriale editabile, è il turno del Washington Post di chiudere il blog ai commenti, per poter studiare con calma un sistema di filtro che non li obblighi a passare la giornata a cancellare troll, fanatici e semplici idioti.

image hosted by ImageVenue.com

Eppure di cose idiote è piena la rete. Metti il nuovo blog su Chuck Norris. A prima vista sembra quello, un posto adatto ai rozzi, dove fare abuso di maiuscole, esclamativi, luoghi comuni, tremendezze. Ma forse no. Perché poi il blog cazzone fatto d’una sola idea mette di buon umore, suscita spirito.

Insomma, dove l’idiozia viene circoscritta ed elevata a codice, l’intelligente trova un sorriso e l’idiota un noioso punto interrogativo; dove invece si tenta di nutrire il pensiero, l’intelligente s’estenua e l’idiota sente la chiamata alle armi. È un mondo difficile.

L’immagine è un olio su tela di Joy Garnett, cui fa piacere attribuirlo perché protetto da uno share-alike di CC. A proposito d’intelligenza condivisa.

un anno béééllissimo

image hosted by ImageVenue.com

Ieri lana caprina ha compiuto un anno. Per l’occasione, capitan BobRock ha dato segno del suo amore per il vascello che – pur silente – comanda, inviando al nostromo un template nuovo che speriamo piaccia. Abbiamo un po’ rimescolato la collocazione del paratesto, e ne diamo conto nel post per i profani, sempre raggiungibile dal link in fondo al sestante. A tutti quelli che profani non sono, ai lettori abituali, va un ringraziamento. Per aver dato un senso a questa navigazione. Per avermi regalato quando simpatia e pensiero, quando reciproca stima, addirittura amicizia. Ed il progetto Ita®iani, che sta muovendo i primi passi.

Una cosa sola può accumunare le erranti e diverse creature che scrivono: la fede in ciò che fanno. Altrimenti ogni pagina – e non importa che sembri bella o brutta – è inutile. E lo scrivere inutile è la peggior forma di tradimento che un uomo può inventare a danno di sé e degli altri.
Giovanni Arpino

È bello vivere qui, nella parte abitata e civile della rete. Inutile nascondersi che siamo la sparuta pattuglia d’un esercito a sua volta minimo. Ma non voglio usare la parola élite, parendomi più auspice dire avanguardia. Per chi osa e dosa la propria intelligenza, l’immaterialità nel rapporto con gli altri cittadini della rete è un opportunità di libertà, riflessione, crescita comune. Sta a chi ci crede far sì che questo approccio prevalga sulla caciara, sul falso e idiota senso d’impunità che è d’alcuni. Sta a noi far sì che questi alcuni diventino minoranza, mentre la cittadinanza della rete s’espande e – speriamo – migliora la relazione.

Bene, mi pare d’essere stato patetico a sufficienza. Passo a ripromettere – per l’ennesima volta, me ne scuso, ma il tempo proprio manca – una prossima espansione dei link, con divisione tematica. Ci lavorerò probabilmente dopo le Olimpiadi che, come ho già accennato, mi stanno assorbendo assai, nell’albergo in cui lavoro. Nei prossimi giorni vorrei scrivere qualcosa a riguardo dei Giochi, poi ho qualche post mezzo cucinato, ma in buona sostanza temo che il lavoro vero m’impedirà l’abituale assiduità per il prossimo mese. Me ne scuso in anticipo. Troverò sempre modo di leggervi, cercherò di contribuire.

Conto d’inaugurare a breve una nuova categoria, cui ho dovuto trovare un nome d’una sola parola poiché la nostra amata piattaforma Splinder ha deciso che le categorie del tempo andato divenissero tag, anche per chi s’accontenta del suo piccolo cabotaggio e si rende conto di quanto sia aleatorio contare sulla tracciabilità in una lingua ed una dimensione minoritaria. Si tratterà d’una rubrica lanosa, la rubricaprina, che uscirà come supplemento domenicale, il più fisso possibile, ed avrà come temi le lingue inglese e piemontese, la poesia, alcune domande ed il mio amore per i refusi. Il tutto in spirito caprino.

dove si fa politica, oggi?

Mentre il politico di professione s’occupa di finanza, la politica vissuta, non che morire, si trasferisce altrove. Già sappiamo che si vota comprando: la leva economica è arma civile. Nella rete e dintorni, nell’economia della comunicazione, si vive un fermento politico dove, a nuove necessità regolatorie, si danno risposte amministrative che ripercorrono meccanismi consolidati, mescolando però gli schieramenti e le categorie classiche, o riproponendo vecchi stilemi dove meno te li aspetteresti.

Un collaudato copione vede la Francia come paladina dei diritti civili. Se nella politica di relazione questo cliché traballa, è pur vero che l’esagono socialisteggia sul p2p. La Svezia, patria della trasgressione e laboratorio di nuove forme sociali, tale si conferma col partito dei pirati. Anche la Cina va sul classico totalitario, tentando d’arginare Internet con la cinica compiacenza di tutti i potentati mondiali, massime i democratici. Ma esistono anche inediti accostamenti in virtù di particolari prese di posizione. L’esempio principale lo vediamo col Massachusetts, che trotzcheggia coi formati aperti.

Una presa di posizione fuori schieramento può basarsi sul prevalere d’una concezione della cosa pubblica sugli interessi consolidati. Nell’ultimo caso citato, alla logica del profitto privato si contrappone e viene premiata una tradizione di libertà d’espressione. E veniamo ad analizzare la scelta politica recente del Vaticano, che ha deciso d’imporre un copyright – esoso più della media – sulle opere dell’ingegno papale. Una scelta dura, frutto – si direbbe – d’una vieta attitudine autocratica, che certo confligge con lo sguardo decisamente più evangelico finora destinato alla rete ed alle sue dinamiche.

Sarebbe miope limitarsi a constatare, in questa decisione, una conferma del papato come monarchia assoluta. In realtà c’è molto da stupirsi, solo che si consideri l’importanza del web cattolico, il capillare utilizzo della rete a fini evangelici, di diffusione del Verbo; soprattutto – è ben vero – a partire dalla base. Un altro indicatore importante. per capire come religione rimi baciato con condivisione, lo troviamo nel rutilante diffondersi del godcasting: una consistente parte dell’audio condiviso in rete è fatta di sermoni. C’è quindi un evidente scollamento tra vertice e base.

A questo punto è lecito domandarsi se la mossa d’Oltretevere sia oculata. Possibile che gli scontri tra utenti e potentati circa la condivisione di contenuti non insegnino niente? Dovremo attenderci la scomunica del P2P? la benedizione del chip Fritz? Davvero il Papa vuole rischiare, su questi temi, d’avere una risposta simile a quella che la Chiesa sta ottenendo sui temi della sessualità? Eppure dovrebbe ormai essere chiaro che imporre norme astratte e fuori tempo instrada verso la doppia morale e, in ultima istanza, verso il disperdersi del gregge.

Linkografia divisa per nazioni…

FRANCIA
“P2P, la Francia riaccende il dibattito” Jugo
“P2P, la Francia ci ripensa” Punto Informatico

SVEZIA
“Nato il partito dei pirati” Punto Informatico

CINA
“Translation of the filtered keywords in Chinese cyberspace” China Digital Times

MASSACHUSETTS
“Il Massachusetts taglia fuori Office” Zeus News
“Microsoft, Massachusetts reach terms on ‘Open’ Office 2003 formats” Information Week

VATICANO
“Copyight vaticano” Aprile OnLine.info
“Se il Vaticano blinda con il copyright le parole del Papa” Andrea Tornielli – Il Giornale

… e per argomenti citati nel post

GD.net: un buon esempio di Web cattolico

Godcasting 1
Godcasting 2

il chip Fritz, ovvero il Trusted Computing

banale sul pianale

In autostrada, ho sorpassato un autocarro carico di pedane di legno.

Un camion di pallets è un po’ il mediano dell’autotrasporto.

Poco appariscente ma fondamentale nell’economia del gioco.

– Faccio il camionista.

– Ah va’? e cosa trasporti?

– Pedane.

– Ah…

vassalli, valvassori ed internauti

image hosted by ImageVenue.com

Le società avanzate dell’informazione condivisa rischiano d’essere più classiste delle società di produzione di massa? Oppure, se avremo bisogni diversi – più immateriali – ci sarà una diffusa povertà, mediana, accettabile, supplita dalla condivisione stessa, di saperi ma anche di lavori?
Andiamo verso un nuovo feudalesimo con tanto di mezzadria? Al proletariato che produce beni nei Paesi a basso costo del lavoro, si sta affiancando un proletariato dell’informazione in Occidente?
Molte domande complesse mi vengono in mente leggendo quest’articolo – di Francesco Daveri da La Voce – sulla cattiva distribuzione degli inarrestabili guadagni di produttività negli Usa. Una lettura che vi consiglio perché, in fin dei conti, è la conoscenza che decide chi usa la zappa.