A tavola non si legge. Almeno: io non leggo quando vi siedo con altri (da solo, spesso, sì). È un fatto di rispetto, è anche un’oasi di relax per lettori compulsivi come me. Ci sono però occasioni in cui derogo a questa regola: succede quando vi sono nuovi prodotti freschi di spesa, di cui studio le etichette. Oggi queste letture m’hanno fornito varie riflessioni.
Cavoli a merenda
Leggere sui cereali da colazione “Cioccolato Belga e Nocciole”, dopo avermi fatto trasecolare per un secondo – chiedendomi che c’azzeccassse l’indivia col latte – m’ha confermato ch’è giusto levare i diritti civili a chi abusa di maiuscole. Almeno, dopo, voterebbero i migliori e potremo trasformare una volgare democrazia in un’oligarchia di sensibili.
L’importante è participiare
La bottiglia dell’olio, di marca buona tuttavia popolare in versione “classica”, promette un rassicurante ed innocuo: “sapore equilibrato”. C’è un che di coraggioso, in epoca d’olii “gentili”, “decisi”, comunque caratterizzati. L’olio ideale dell’elettore di Casini, però, assume un sapore sinistro solo s’intenda la caratteristica non come aggettivo ma come participio del verbo equilibrare. Ecco che l’immaginazione ci trasporta in un laboratorio d’aromatisti in camice bianco che le tentano tutte affinché olii spaiati finiscano per non saper di nulla in particolare, aggiungendo per sottrarre.